Samurai in pillole – Capitolo 4

Mentre Hachimaru sta tornando a casa, suo padre e il gattocane Daruma stanno discutendo sul mondo dei samurai. Il padre sembra saperne più di quanto non dia a intendere, mentre Daruma lo informa che a breve tutti i pianeti del sistema saranno obliteratati a morte.

“Tipo la fine dei dinosauri?” Chiede il padre.

“Tipo quando sei sull’autobus senza biglietto e arriva il controllore.” Replica il maestro gattocane.

Dopo un bisticcio padre-figlio, Doruma mostra a Hachimaru la sua capacità di tagliare in ritardo le cose che ha colpito: “Se vuoi questo potere oltrepassa quella riga e diventa mio discepolo, altrimenti puo…”

Hachimaru non lo lascia finire che è già da questa parte della riga: “Voglio imparare, voglio venire con te!”

Samurai in pillole – Capitolo 3

Hachimaru e Nanashi si ritrovano nel bel mezzo dell’attacco dei porci-ronin, che stanno cercando di depredare la scuola di samurai.

Hachimaru si accorge che Hayataro gli ha portato per errore la spada di Nanashi, dovunque l’abbia recuperata; purtroppo però la katana è bloccata e non ne vuole sapere di uscire fuori, servirebbero le impronte digitali di Nanashi. Detto fatto i due si ritrovano a brandire assieme l’arma, mano nella mano, e affettare il carrarmato dei porci-ronin.

Finita la battaglia Nanashi parla a Hachimaru: “Sai quando mi hai chiamato amico…” Hachimaru però non sa stare zitto e lo interrompe esclamando come un esaltato: “Non solo un amico, un amico samurai!”

Nanashi scuote la testa: “Ecco… Appunto… Io non voglio essere solo un amico samurai… ”

E Hachimaru sveglio come un papiro vicino ad una candela: “Che cosa vuoi dire che non vuoi essere solo mio amico?”

Nanashi: “Che quello che vorrei fare in futuro, con te, non è tagliare un carrarmato… Piuttosto una torta… Magari…”

Come-cosa?!

Hachimaru, in modalità koala, non ci capisce nulla e gli dice che sta per partire per lo spazio, magari si incontreranno di nuovo un giorno. Sì magari… Tra 400 miliardi di stelle, magari… Molto probabile. Come incontrare un amico di Pechino per caso nel centro di Manhattan.

I due si separano.

Addio, ciao.

Samurai in pillole – Capitolo 2

Hachimaru, finalmente capace di staccarsi dai tubi che lo costringevano a casa, si dà alla pazza gioia e va ad esplorare il mondo.

Il maestro gattocane, mutandofilo incallito tipo Happosai, lo invita a portarsi appresso la spada giocattolo comprata al Lucca Comics, perché anche se la lama non taglia una pera, la sua anima la renderà tagliente che manco il pugnale di Will Parry.

Detto fatto, in volo su Latios-Hayataro, il nostro protagonista giunge in una ridente cittadina che ospita una palestra di samurai e sta per essere invasa da dei porci-ronin. Un proiettile vagante sparato da quest’ultimi, tipo stadio italiano, lo fa precipitare dritto dritto nel salotto di uno squinternato che parla con le sue mani e gioca ai videogiochi con la stessa ossessione di un matematico che cerca di dimostrare l’ultimo teorema di Fermat.

La Signora Sinistra e il Signor Destro, suo genero, spiegano a Hachimaru che costui che ha davanti è biologicamente un uomo, che però nel suo cuore è una donna. Per questo motivo non ha ancora scelto un nome per sé e si chiama Nanashi, ossia nessuno.

Nanashi è anche il secondo giocatore più forte al famigerato videogioco dei samurai, per cui tra i due parte subito una sfida-sessuale, con Hachimaru che gli estorce la promessa di uscire con lui se lo batterà. Il gioco inizia, Nanashi sceglie Orchid, non sospettando che Hachimaru può usare Eyedol e lo straccia a colpi di zoccolo e clava.

Adesso gli tocca stare all’appuntamento con Hachimaru ed uscire insieme.

Un capolavoro.

Samurai in pillole – Capitolo 1

Cosmo… In una galassia lontana, lontana. In un tempo remoto, remotissimo, il Mega-Dio-Acala, dio della guerra e dello sterminio, ha sigillato in uno scrignetto di Pandora il modo per salvare tutti i mondi! Lo scrignetto è invero un cubo e servono sette chiavi per aprirlo. Sette chiavi quanti i vertici del cubo. “Ma maestro” osserva il gattocane Doruma, “i vertici di un cubo sono otto! Serviranno otto chiavi!”. “Taci” proclama il di lui maestro “è un mezzo esakaidecaedro, ma per farlo capire a te che sei ignorante, l’ho chiamato cubo. Si chiama brachilogia.”. “Comunque…” rifà il  gattocane “Perché un dio della guerra dovrebbe voler salvare tutti i mondi?”. “Perché se i mondi fossero distrutti non ci sarebbe più nessuno a voler fare la guerra!”. “Ah e perché si chiama scrignetto di Pandora?! Se lo ha costruito Acala, non sarebbe meglio scrignetto di Acala? Chi è Pandora? E’ una cosa tipo Lunatic Pandora?”. “Fai troppe domande! Lavori per caso per quei miscredenti della Gazzetta del Samurai?!” Il gattocane si zittisce. Adesso è il momento di un’epica battaglia. Nello spazio volano balene e tartarughe cosmiche, stile Starfinder, poi whoosh, swiiish, swooom. Un combattimento tra due cyborg-samurai. Ma a cosa stiamo assistendo?! Ah, è un videogioco. Meno male, temevamo lì per lì che Kishimoto si fosse scatenato fin da subito in qualcosa di sconclusionato tipo il finale di Naruto. Per fortuna si trattava solo di un giochino a cui giocava Hachimaru.

Lo stesso Hachimaru, un bimbetto fragile e malconcio, è talmente sconvolto dalla trama che in preda alla frenesia batte la mano contro uno spigolo aguzzo di acciaio rinforzato. Può darsi che se la sia rotta, mannaggia agli spigoli non a norma UE. Entra in scena il padre: “Cattivo Hachimaru! Basta con questi videogiochi che ti friggeranno il cervello. Devi iscriverti a Faccebocche come noialtri e passare le giornate lì!”

Parte un battibecco padre-figlio nel quale solo Kishimoto si identifica. Il padre dice che va a prendere le sigarette, Hachimaru commenta che spera che non torni e in tal caso non lo farà cercare dalla Sciarelli. Il giorno prima lo incolpava perché non avesse fatto abortire sua madre, se non fosse nato sarebbe stato meglio. Ora invece deve vivere attaccato ad un enorme macchinario a vapore e bere solo cibo liquido, per via delle allergie. Come-cosa?! A cosa sarebbe allergico? Al cibo solido?!

La trama prosegue col padre che se ne va da un banda di balordi a recuperare un qualcosa, per 200 milioni di Yen. Ossia 1,6 milioni di euro, che nel 2500, a causa dell’inflazione, equivalgono a circa 6,95 euro di oggi. Difatti quello che gli hanno procurato è un palletta rubata ad uno scarabeo stercoraro. Li raggiunge giusto nel mentre stanno avendo un regolamento di conti di quartiere con un tizio. Per calmare le acque tira fuori una pistola e comincia a gridare. Il Capo-Balordo, colto da smania competitiva, comincia ad amputarsi parti del corpo, per far vedere che ricrescono da se. Può anche viaggiare nello spazio senza una tuta. Ha anche tre gambe all’occorrenza. Il padre non vuole sentire altro, non può competere con la terza-gamba-cyborg modello XP20-XS, ma prima che possa tornare da suo figlio il Capo-Balordo lo ferma. Il padre ha una chiave, una chiave per la Spada-Vampira!

Nel frattempo Hachimaru ha organizzato un santuario madonniano tipo anziane di Sperlinga e sta pregando che il padre torni sano e salvo. Il suo cane-elettrico, che dopo l’ultimo aggiornamento miagola, gli porta quella che sembra un’enorme bambola Doruma, che però si rivela essere il gattocane dell’inizio…Che si chiama per l’appunto Doruma. Ma è quello del videogioco! No aspetta… Allora non era un videogioco?! Allora era tutto vero?!

Hachimaru non ha tempo di riprendersi, assieme a noi altri, che il Capo-Balordo piomba su di loro e dice di voler aprire il suo cuore… Con una chiave. Il Capo-Balordo gli consegna una spada: appena finirà di aprire il suo cuore dovrà suicidarsi con quella spada. Se non lo farà ucciderà suo padre! Il gattocane non fa niente, tutti aspettano. Hachimaru li guarda. Mi devo ammazzare sul serio? Vabbe’, proviamo, peggio di così non può andare.

E si ammazza. Ma poi risorge con un corpo nuovo, tipo Osiride o Gesù, ma in meno giorni. Anziché volare in cielo corca di botte il Capo-Balordo e fa un upgrade al cane-elettrico che ora diventa un meta-cane-elettrico. Il padre torna salvo e seguono abbracci e baci, festa per tutti.

Il gattocane Doruma preannuncia che adesso dovrà partire a cercare altre 6 chiavi, quindi il viaggio ha appena avuto inizio.

Aspettando l’uscita di Samurai 8: Hachimaruden

Il prossimo 13 maggio, con il numero 24 del Weekly Shonen Jump, dovrebbe debuttare Samurai 8: Hachimaruden, la nuova opera del buon Kishimoto, disegnata da Akira Okubo.

Qualche giorno fa è uscito un breve capitolo introduttivo, di 4 tavole in tutto, dove vediamo un ragazzino che siede assieme ad un animaletto domestico sull’engawa (縁側 – quella che potremmo chiamare veranda delle classiche case giapponesi) e osserva il cielo notturno in attesa di una stella cadente.

Il suo piano è quello di esprimere un desiderio, nella solita situazione da confessionale al Grande Fratello a cui ci aveva abituati Naruto, comprendente la seguente, modica e ponderata, quantità di richieste: un giorno vorrebbe assaggiare sushi, tempura (tipicamente verdure fritte), shabu-shabu (carne e verdure servite con diverse salse), unaju (pesce coperto di salsa e riso) e takoyaki (polpette fritte di polpo); non contento delle richieste culinarie vorrebbe avere almeno un’allergia di meno (tipo no all’allergia al tiglio, sì a quella a Valsoia), vorrebbe che il cibo liquido avesse un sapore migliore (il soylent tutto insapore ed incolore gli ha rotto veramente la stampella), non aver paura di aghi e punture, ma soprattutto di non dover camminare più con la stampella.

Più che ad una stella cadente, probabilmente avrebbe dovuto rivolgersi alla stella di Betlemme. Perché tutti questi desideri siano esauditi promette infine di essere buono! Buono? Che si sia ridotto così per la sua perversione morale? Nel futuro infatti i giovani sono insediati dalla catena di giornaletti porno delle Kaguya Industries, che li traviano con oscenità e devianze sessuali.

Il ragazzo stesso si rende conto che forse la stella non potrà esaudire tutti questi desideri, per cui decide di riformularli tutti in un’unica domanda: vorrei essere un samurai! Avere una katana nella mia collezione ed un amico vero, non uno virtuale, con cui poter giocare!

Detto fatto stringe le mani forte forte e strizza gli occhi, mentre la stella schizza in cielo, sperando che il suo desiderio si avveri.

Come andrà a finire e se la stella esaudirà il suo desiderio, oppure se ad esaudirlo sarà il demonio-Kishimoto (occhio a ciò che chiedi!) lo scopriremo solo leggendo il manga, ma già da qui si possono dedurre alcuni fatti che preannunciano succulenta questa nuova opera.

Anzitutto lo stesso Kishimoto, già prima che Naruto finisse, aveva detto che gli sarebbe piaciuto scrivere un racconto fantascientifico, e già la sua opera era intrisa di vari spunti presi dal genere. D’altronde egli stesso aveva più volte citato Star Wars oppure Akira, per non parlare di tavole di Naruto ispirate a film quali Elysium dove appunto si fondevano fantascienza e samurai. (si guardino qui gli innesti meccanici sul ragazzo)

In secondo luogo ritornano forti, fin da queste primissime tavole, i temi cari a Kishimoto:

  1. la solitudine: il protagonista si sente solo in un mondo evidentemente distopico (dove il sushi non è alla portata di chiunque e dove si beve cibo liquido insapore)
  2. l’amicizia: il protagonista è solo (come lo era Naruto) ed in cerca di un vero amico (chissà se anche questa volta sarà quel genere di amico!)
  3. realizzazione (dei propri desideri): proprio come Naruto voleva diventare hokage, lui vorrebbe diventare un vero samurai

Dunque tutto lascia presagire che possano tornare anche tutti gli altri temi già affrontati ampiamente in Naruto e francamente per alcuni non vedo l’ora, perché comunque, nel bene o nel male, sono stati insoliti e fuori dal comune nella produzione degli shonen.

D’altro canto confido che, forte degli errori del passato, non ci ripropini alcune martellate quali:

  1. la redenzione a tutti i costi
  2. le donne kishimotesche che sbavano appresso al pene impossibile
  3. le donne non-kishimotesche per forza violente
  4. il potere ultimo e definitivo che rischia di distruggere tutto il mondo
  5. Hinata

Queste cose spero proprio di non rivederle, anche se diabolicamente ci conto un po’, se no su cosa avrei da fare polemica?